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Il sito e' dedicato alla memoria di mio zio Silvio Liotti,
tenente della 2a compagnia del 110 Btg. Mitraglieri di Corpo d'Armata,
denunciato dal generale Gandin ai tedeschi come ammutinato e fucilato ad
Argostòli, nei pressi della "Casetta Rossa", il 24 settembre 1943, e di
tutti i Militari della Divisione "Acqui " trucidati dalla
Wehrmacht a Cefalonia e Corfu'.
This web site is dedicated to
the memory of my uncle Silvio Liotti, lieutenant of 2^ company of
110^ Machine-gunner Battalion of Army Corps, denounced to Germans
as a mutiny by general Gandin and shot in Argostòli, close to “Casetta
Rossa”, on 24 th September 1943, and of all the soldiers of
Division “Acqui” slaughter by Wehrmaqcht in Cefalonia and
Corfù.

Silvio Liotti, Brindisi
08.01.1941
Argostoli: Museo della Divisione Acqui (fotografia di Silvio
Lenza)
Corfù: Momumento ai Caduti Itaiani e Greci
“Il comportamento degli ufficiali italiani alla
triste ‘Casetta rossa’ di Cefalonia non appartiene alla storia ma al
mito. Ad uno ad uno, nobilissimi cavalieri del dovere e dell’onore,
essi salirono con sublime serenità il calvario che ancora li separava
dalla gloria” (dal
bollettino del dicembre 1944 della Psychological
Warfare Branch, una branca dei servizi segreti angloamericani
addetti alla propaganda)
* * *
LA
FOSSA

Argostòli:
la "fossa" nei pressi della "Casetta Rossa", da dove il 28
settembre vennero prelevati i corpi degli Ufficiali italiani fucilati il 24 e 25 settembre che, dopo essere
stati zavorrati con filo di ferro, furono trasportati con uno zatterone
imbottito di esplosivo fino all'isolotto di Verdiani e lì affondati.
Furono tre le fosse utilizzate dai tedeschi per
ammassare provvisoriamente i corpi degli Ufficiali fucilati a Cefalonia
il 24 e 25 settembre, dopo la fine dei combattimenti. La prima fossa
comune si troverebbe a Lardigò, la seconda probabilmente a circa 300
metri dalla Casetta Rossa sul terreno oggi occupato da alcune
case e da un albergo. L'unica ritrovata si trova a circa 700 metri
dalla Casetta Rossa, sul lato destro della strada che sale a sinistra
sul monte Telegrafo.
* * *
I Martiri della Divisione Acqui risultano ancora penalizzati
rispetto ai Partigiani caduti sul suolo italiano. Come non ricordare
allora le parole di Indro Montanelli a proposito delle due Resistenze:
"Una quotata in borsa come tale perchè
avallata dai partiti politici, l'altra esclusa dal listino dei titoli,
perchè quelli, a cui si intestava la Patria e la Nazione, erano ormai
scaduti".
* * *
A Cefalonia e Corfu' 16 mila soldati italiani
appartenenti alla 33^ divisione da montagna "Acqui"
combatterono contro i tedeschi, divenuti dopo l'8 settembre del 1943,
nemici ed oppressori dell'Italia. A Cefalonia e, in proporzioni
minori, a Corfu' avvenne la piu' grande eliminazione di massa di
prigionieri di guerra della seconda guerra mondiale. La divisione “Acqui”
subi' una sorte tanto tragica perche' i tedeschi,
considerandoli ammutinati, trucidarono migliaia (*) di Soldati,
Graduati e Ufficiali, eseguendo l'ordine speciale di non fare
prigionieri, emanato da Hitler in persona solo per la Divisione "Acqui".
A Cefalonia e Corfù, come ha affermato il Presidente della Repubblica
Giorgio Napolitano il 25 aprile 2007, "...
si manifestò un impulso
nobilissimo e destinato a dare i suoi frutti. Si può ben cogliere un
forte legame ideale fra quell'impulso e la successiva maturazione dello
spirito della Resistenza. Molto si continua a scrivere e a discutere
sul clima che si creò in seno alla Divisione Acqui in quei terribili
giorni. Ma non c'è polemica storiografica o pubblicistica che possa
oscurare l'eroismo e il martirio delle migliaia di militari italiani
che scelsero di battersi, caddero in combattimento, furono barbaramente
trucidati. Anche qui si creò la premessa essenziale per la costruzione
di una nuova Italia democratica...".
La
resistenza della Divisione "Acqui" a Cefalonia e Corfu'
rappresenta l'esempio piu' eclatante della resistenza militare
antitedesca e, pertanto, uno dei primi atti del Movimento di
Liberazione Nazionale. La
ricostruzione di quei tragici avvenimenti si basa sui documenti
conservati negli archivi italiani, tedeschi ed inglesi, sugli atti del
processo di Norimberga contro il generale Lanz e sulle memorie dei
protagonisti sopravvissuti.
In the Greek islands Cefalonia and
Corfu', 16.000 italian soldiers of 33^ Division "Acqui" fought
against Germans, that become, after 8 september of 1943, enemies and
oppressors of Italy. In Cefalonia and, with smaller
proportions, in Corfu' happened the greatest mass elimination
of war prisoners, during and after the battle, of the second world war.
The Division "Acqui" endured a tragic destiny because the
Germans, considering them incite to mutiny, slaughtered thousands
of soldiers, graduates and officials, executing the special order
don't make prisoners, emanated from Hitler in person only for the
Division "Acqui". The resistance of the Division "Acqui" in
Cefalonia and Corfu' represents the best example of the
military resistance against Germans, one of the first actions of the
Movement for National Liberation. The reconstruction of those
tragic events is based on documents, recorded in Italian, Germans and
English archives, on the
proceedingses of Norimberga trial against general Lanz and on the
memories of the survivor protagonists.
La 33a Divisione da montagna "ACQUI ", fedelissima
alla Patria, fu sfortunatissima
perche' nel giugno del 1943 il comando della Divisione fu affidato al
gen. Antonio Gandin e perche', come scriveva nel 1946 il gen. Francesco Rossi, vice Capo
di Stato Maggiore del Comando Supremo: ''...L'ordine di
considerare i tedeschi come nemici fu diramato l'11 settembre da
Brindisi e pote' giungere soltanto ad un numero limitatissimo di
scacchieri (Sardegna, Corsica, Corfu', Cefalonia, Lero) a mezzo dei
collegamenti della Regia Marina...''.
Gli altri generali italiani,
dopo l'8 settembre 1943, si erano arresi subito (molti) o si erano
opposti (pochi) ai tedeschi. Il gen. Gandin scelse una terza via,
trattando con i tedeschi non un ritorno nel Regno del Sud che sarebbe
stato teoricamente e praticamente inattuabile, ma il ritorno in armi di
una parte della Divisione nell'Italia occupata dai nazisti, come
risulta evidente dal rapporto inviato alle ore 20,30 dell'11 settembre
dal ten.col. Barge al gen. Lanz: "La maggior parte della Acqui sarà disarmata. Il resto della
formazione italiana continuerà a combattere sotto il comando tedesco.
La consistenza di quest'ultima parte verrà in seguito comunicata". In realtà furono queste le cosiddette "trattative" per
una "resa onorevole" intavolate dal gen. Gandin con i tedeschi.
La conferma si trova in due punti della richiesta di chiarimenti
inviata dal gen. Gandin al comandante del presidio tedesco Johannes
Barge: 2) "Cosa
si deve intendere per esclusione dal disarmo di quelle unità che danno
garanzia di continuare a combattere sotto il comando e al fianco delle
truppe tedesche. Dovranno forse venir sostituiti gli attuali comandanti?" e 5) "Sarebbero
comunque necessari chiarimenti sui punti seguenti: Trattamento dei
gradi di servizio eguali o inferiori per quanto riguarda comportamento
e rispetto reciproco. Trattamento economico, retribuzione e compensi in
natura (stipendio o paga, viveri, oggetti di vestiario, ecc.)
Verrebbero lasciate le assegnazioni di viveri, medicinali, combustibile
solido e liquido, mezzi di trasporto? Alloggiamenti degli ufficiali e
della truppa". Un generale che tratta la resa è
consapevole che il suo destino e quello della sua Divisione sarà un
campo di concentramento nazista e non chiede se "verranno sostituiti
gli attuali comandanti", come sarà "il vitto, l'alloggio e lo
stipendio" e se avrà "una macchina a disposizione".....
Le Isole Ionie di Corfù, Leucade (Santa Maura), Cefalonia e Zante viste
dal satellite
CEFALONIA: UNA
MEDAGLIA D'ORO DI TROPPO?
Questa è la motivazione della Medaglia d'Oro
al V.M. concessa al gen. Gandin: " In difficile situazione
politico-militare, quale comandante della difesa di un'isola attaccata
con forze preponderanti dal mare e dal cielo, riusciva con poche forze
a sua disposizione in primo tempo a stroncare l'azione nemica,
successivamente a contendere palmo a palmo l'avanzata dell'avversario
sempre crescente in forze, animando col valore e con la capacità
personale le sue truppe, fino alle estreme possibilità di resistenza.
Catturato dal nemico coronava col supplizio stoicamente sopportato
l'eroismo e l'alto spirito militare di cui aveva dato sì luminosa prova
in combattimento". ( Cefalonia, 11-23 settembre 1943 ).
Quando fu concessa la MOVM al gen.
Gandin non era ancora noto il contenuto della notifica delle 12,00 del
14 settembre al ten. col. Barge: ''La divisione si rifiuta di eseguire il mio ordine
di concentrarsi nella zona di Sami poiche' essa teme, nonostante tutte
le promesse tedesche, di essere disarmata o di essere lasciata
sull'isola come preda per i Greci o ancora peggio di essere portata non
in Italia ma sul continente greco per combattere contro i ribelli.
Percio' gli accordi di ieri con lei non sono stati accettati dalla
Divisione. La divisione vuole rimanere nelle sue posizioni fino a
quando non ottiene assicurazione, con garanzie che escludano ogni
ambiguita' - come la promessa di ieri mattina che subito dopo non e'
stata mantenuta - che essa possa mantenere le sue armi e le sue
munizioni e che solo al momento dell'imbarco possa consegnare le
artiglierie ai tedeschi. La divisione assicurerebbe, sul suo onore e
con garanzie, che non impiegherebbe le sue armi contro i tedeschi. Se
cio' non accadra', la divisione preferira' combattere piuttosto di
subire l'onta della cessione delle armi ed io, anche se con dolore,
rinuncero' definitivamente a trattare con la parte tedesca, finche'
rimango al vertice della mia divisione. Prego darmi risposta entro le
ore 16,00. Nel frattempo le truppe provenienti da Lixuri non debbono
essere portate ulteriormente avanti e quelle di Argostoli non debbono
avanzare, altrimenti ne possono derivare gravi incidenti. Il
Generale comandante della Divisione Acqui gen. Gandin ''.
Solo una volta nella
plurimillenaria storia universale un generale ha notificato al
nemico, peraltro mentendo!!!, che la Divisione ai suoi ordini si
e' ammutinata:
"...Vi
comunico che i miei 11.500 '' figli di mamma' '' si sono
ammutinati..." .
Only
once in the entire world history a General informed the enemy, also
lying!, that the Division under his command was mutiny: "The
Division refuses to execute my order to concentrate around
Sami because it is concerned, despite all the promises German, to be
disarmed or be left on the island as a prey to the Greeks or even worse
to be not in Italy but on the continent greek to fight against rebels.
Therefore the agreements yesterday with you have not been accepted by
the Division. The Division wants to remain in their positions until you
get insurance, with guarantees that would exclude any ambiguity - as
the promise of yesterday morning shortly after that and not been
maintained - that it can keep its weapons and its ammunition and
that only when entering the can deliver the artillery to the Germans.
The division would ensure, on his honor and with guarantees, that not
use its weapons against the Germans. If this not happen, the Division
will prefer' fighting rather than suffer the shame to surrender their
weapons and I, though with pain, give finally to deal with the German
side, until remain under the command of my division. Please give me an
answer within hours 16.00. Meanwhile troops from Lixouri not be brought
further forward and those of Argostòli should not move forward,
otherwise it might be caused serious accidents. The General Commander
of Division Acqui gen. Gandin". (This is the translation of the
notification of the gen. Gandin, delivered at 12.00 on 14 September
1943 to Commander German of Cefalonia, lieutenant colonel Hans Barge,
kept in the German military archive in Freiburg)

Il capitano Renzo
Apollonio
La "notifica" del 14 settembre 1943 del gen. Gandin ai
tedeschi
IL DIAVOLO FA
LE PENTOLE MA NON I COPERCHI .......
A proposito
della notifica del gen. Gandin delle ore 12,00 del 14 settembre, nella
pubblicazione del 1945 ''Cefalonia'' del ten. col.
Giuseppe Moscardelli, incaricato della stesura dall'Ufficio Storico
dello Stato Maggiore dell'Esercito, viene riportata la versione
inventata dal cap. Ermanno Bronzini: ''Per ordine del
Comando Supremo italiano e per volonta' degli ufficiali e dei soldati,
la Divisione Acqui non cede le armi. Il Comando Superiore tedesco,
sulla base di questa decisione, e' pregato di presentare una risposta
definitiva entro le ore 9 di domani 15 settembre''. Nel 1946 don
Romualdo Formato, nella prima edizione de ''L'eccidio di
Cefalonia'', ne riportava una versione simile ma non uguale: ''La
Divisione Acqui non cede le Armi. Il Comando Superiore tedesco provveda
all'immediato sgombero di tutte le truppe dall'isola di Cefalonia.
Faccia conoscere le sue decisioni entro le 9 di domani 15 settembre''. Nella terza edizione del
1974 del libro ''Sull'arma si cade ma non si cede'' don Luigi Ghilardini,
dopo aver scoperto la copia conservata nell'archivio militare tedesco di Friburgo, ne pubblicava alcuni passaggi significativi ma non il testo
integrale. Solo nel 1986 il gen. Renzo Apollonio pubblicava
integralmente il testo tedesco, con accanto la sua traduzione.
* * *
Nessuno in 72 anni
ha ancora spiegato come e perchè è potuto accadere che nel 1948 si
onorasse con la stessa medaglia d'oro al valor militare la memoria di
due ufficiali della stessa divisione che si erano comportati in maniera
opposta, come il gen. Gadin, comandante a Cefalonia, ed il colonnello
Lusignani, comandante a Corfù. Il primo si accordò per la resa dopo sei
giorni di trattative e poi fu costretto a combattere perchè attaccato
dai tedeschi, mentre il secondo, suo subordinato, si schierò contro i
tedeschi e contrastò l'inevitabile reazione nemica sin dal primo
momento.
* * *
A Cefalonia la Patria
"ostinatamente tace"? Il gen. Gandin fu lasciato senza ordini?
Davvero i radiogrammi del C.S. trasmessi l'11 settembre da Brindisi
furono ricevuti a Cefalonia solo tra il 13 e il 14 settembre, con un
ritardo di 48-72 ore, sovvertendo così tutte le leggi fisiche che
regolano la propagazione delle onde radio nell'etere?
Il giorno 11 settembre 1943 il Comando
Supremo invio' tramite Marina Brindisi 2 radiogrammi a Marina Cefalonia
per il gen. Gandin:
1) N.1027/CS. Risposta 41414
data 11 corrente /./ Truppe tedesche devono essere considerate
nemiche /./ Marina Brindisi
2) N.1029/CS. Comunicate at
Generale Gandin che deve resistere con le armi at intimazione tedesca
di disarmo a Cefalonia et Corfu' et altre isole /./ Marina
Brindisi
Il
radiogramma del CS inviato da Marina Brindisi alle ore 9,45 dell'11
settembre
Il primo
radiogramma, secondo la testimonianza del s. ten. di vascello Vincenzo
Di Rocco che lo decritto' personalmente, venne consegnato dal
comandante della Marina, cap. Mario Mastrangelo, al gen. Gandin verso
le 11,00 dell'11 settembre 1943.
Due testimonianze
del cappellano militare don Formato confermano, anche se
indirettamente, l'arrivo a Cefalonia l'11 settembre 1943 degli
ordini inequivocabili del Comando Supremo:
"...Verso
le 11 (dell'11 settembre, nda), improvvisamente, fu comunicata 'all'erta' a tutti i reparti dell'isola.
Mi trovavo allora in una delle mie Batterie. L'ordine del Comandante
'Serventi ai pezzi' fu accolto da un urlo selvaggio di tutti gli
Artiglieri che saltando per la gioia, imprecando contro i tedeschi,
corsero ai pezzi..." ( Lettera di don
Formato al Papa del 06.12.1943, USSME, fondo don Formato)
"...Avendo
io richiesto al sign. generale se non si potesse trascurare l'ultimatum ( presentato dal ten. col. Barge il 10
settembre, nda) per un'intesa che s'accordasse con gli ordini del Comando Supremo, mi risponde di no e che bisognava decidersi e
presto...Comunque ci accordammo per la cessione delle armi. Riuniti più
tardi riconfermammo e per iscritto la nostra scelta".
(Dichiarazione di don Formato al SIM/CSDIC del 5 gennaio
1945)
A Corfù' la Patria ordina e i colonnelli Lusignani e Bettini
eseguono gli ordini:
Questo e'
il primo ordine per il col. Lusignani,
comandante del Presidio militare dell'isola di Corfu': N. 2/8424 - Da 7^ Armata a Comando Militare Isola Corfu'
/ Risposta vostro 3836 data 10 corrente alt Opponetevi con la
forza at qualsiasi tentativo sbarco reparti germanici alt Generale
Arisio / (radiogramma delle ore 9,45
dell'11 settembre 1943).
Il col. Luigi Lusignani del 18^
Reggimento Fanteria Divisione Acqui, comandante del Presidio di Corfu',
Medaglia d'Oro al V.M.
Motivazione della Medaglia d'Oro al V.M. al
col. Luigi Lusignani: "Comandante militare dell'isola di Corfu',
fedele alle leggi dell'onore militare, opponeva un reciso rifiuto
all'intimazione di cedere le armi e, di propria iniziativa, organizzava
la difesa dell'isola. Per dodici giorni resisteva ai violenti attacchi
aerei e terrestri tedeschi dando ai propri dipendenti esempio costante
di valore. Infine tramontata ogni speranza di aiuto, decimati ormai i
reparti e quasi del tutto privi di artiglieria, veniva sopraffatto dal
nemico preponderante. Catturato dai tedeschi veniva passato per le armi".
(Corfu' 8-25 settembre 1943)
Il col. Elio Bettini
del
49° Rgt. Ftr. “Parma”, rifugiatosi dall'Albania a Corfù il 13
settembre, Medaglia d'Oro al
V.M.
Motivazione
della Medaglia d’Oro al V.M. al col. Elio Bettini: “Comandante di
valore, per non cedere le armi e mantenere integro l’onore della
Bandiera, si rifugiava dall’Albania a Corfù con parte dei suoi reparti,
e nell’isola, in unione alle altre forze del Presidio, resisteva
strenuamente ai continui bombardamenti e agli attacchi tedeschi, pur
conoscendo che nessun aiuto poteva essergli inviato. Dopo12 giorni di
strenua, impari lotta sostenuta stoicamente con reparti decimati,
veniva catturato dai tedeschi e passato per le armi. Esempio eroico
nelle tristi giornate di quanto possa il sentimento del dovere e
l’amore verso la patria”. (Corfù 13-25 settembre 1943)
CEFALONIA:
la mattina dell'11 settembre il gen. Gandin rifiuta le offerte d'aiuto
alleate...
Tutto
si può imputare al gen.Gandin tranne che non sia stato un comandante
coerente. Nella "Relazione sui fatti di Cefalonia", scritta dal
testimone oculare Vittorio Seganti, console (fascista) dell'isola, si
legge che: "..Il Generale Gandin si era compiaciuto di affermare
pubblicamente e solennemente che mai gli inglesi avrebbero posto piede
nell' isola ". Scriveva lo storico Rusconi: "A complicar
(sic!) le cose, si presenta a Gandin un ufficiale greco Andreas
Galiatsatos, che a nome del Comando Alleato nel Medio Oriente gli
assicura l'appoggio aereo inglese nel caso la Acqui resista
efficacemente ai tedeschi ". Il giornalista greco George
Karayorgas, nel dicembre 1952, in una serie di articoli che riportavano
un’intervista al capo della missione alleata a Cefalonia scriveva: "…Il
generale Gandin accolse Galiatsatos gentilmente e chiese il parere
ufficiale del Quartier Generale del Medio Oriente. Galiatsatos comunicò
nuovamente con la radio... e il Cairo promise che avrebbe trasportato
tutto l'esercito italiano, con i propri mezzi in Italia. Dovevano solo
pazientare e aspettare lo sbarco delle truppe inglesi. Il gen. Gandin
ascoltò le proposte inglesi preso da grande commozione e turbamento.
Era stato sorpreso ed aveva perso del tutto il controllo. Ma all'inizio
accettò con gioia la proposta britannica senza mostrare alcun dubbio.
Pregò tuttavia Galiatsatos di permettergli prima di consultarsi con il
suo Stato Maggiore"…"Il giorno successivo (11 settembre) Galiatsatos
ricevette un messaggio dal Cairo e informò gli italiani di attaccare
subito per neutralizzare i tedeschi prima che comprendessero bene cosa
stava succedendo... Gandin, invece, anziché attaccare come un fulmine,
chiese ai tedeschi di venire a trattative con lui... Fuori dì sé
Galiatsatos urlò: 'II Cairo ha detto di attaccare"… "Dal momento che
Gandin tardò ad ordinare l'attacco generale... Galiatsatos riferì gli
sviluppi al Quartiere Generale. La risposta fu laconica: “ Non
interessatevi più dell' impresa ”.
Il 14 settembre 1943,
ad Argostòli, il s. ten. dei CC.RR. Orazio Petruccelli, Medaglia d'Oro
al V.M., aveva deciso di arrestare il gen Gandin per tradimento....

Il disegno ricostruisce l'episodio accaduto ad
Argostoli, durante il quale il s. ten. dei CC. Orazio Petruccelli
ammaino', sotto
gli occhi di numerosi militari tedeschi, la bandiera con la croce
uncinata ed innalzo' il Tricolore (www.assocarabinieri.it)
"''...Noi
sottoscritti, ammoniti a dire la verita', solamente la verita',
dichiariamo quanto segue: il giorno 14 mattina, visto che nonostante
l'azione dell'artiglieria il Generale Gandin non si voleva ancora
decidere ad iniziare le operazioni, il S. Ten. dei CC.RR. Petruccelli
riuniti circa una ventina di Carabinieri decise di andare ad arrestare
il Generale dicendo che ormai si trattava di aperto tradimento. Tali
venti carabinieri si misero volontariamente a sua disposizione. Ma il
S. Ten. Petruccelli fu impedito nell'esecuzione del suo piano dal fatto
che a Procopata presso il Comando Tattico un carabiniere
(presumibilmente Tirino Nicola) aveva lanciato una bomba a mano contro
il Generale mentre stava scendendo dalla macchina. Allora il Generale
Gandin, non fidandosi piu' dei carabinieri, tolta la pattuglia di
CC.RR. che presidiavano il suo Comando, la sostitui' con elementi di
fanteria dotati di mitragliatrici che furono subito puntate contro il
vicino accampamento di CC.RR. La fiducia del Generale nei CC. era anche
scemata per fatto che i CC. si erano rifiutati di collaborare con una
pattuglia tedesca onde mantenere l'ordine pubblico in Argostoli. Consta
che allorche' il Capitano Gasco comunico' al Generale che i suoi
carabinieri non lo volevano piu' ascoltare il Generale Gandin abbia
detto: '' Ma voi, non siete padrone della vostra compagnia?''
alla qual cosa il Capitano Gasco rispose: '' Come voi siete padrone
della vostra Divisione io sono padrone della mia compagnia...!''. (Dichiarazione dei CC.RR. Francesco Scanga e
Attilio Appetecchi del 31 ottobre 1944)
La massima ricompensa al valor
militare e' stata conferita al s. ten. dei CC.RR. con questa
motivazione: "Comandante
di un plotone carabinieri della Divisione " Acqui ", si rivelava tra i
primi accesi e tenaci assertori della lotta contro il tedesco a
Cefalonia. Mentre perduravano ancora le trattative, sfidando un
picchetto armato tedesco - sorpreso da tanta audacia - ammainava la
bandiera germanica issata oltraggiosamente dal nemico nella piazza di
Argostoli innalzando nuovamente la bandiera italiana. Durante la aspra
e sanguinosa battaglia, sempre presente dove maggiore era il pericolo,
confermava in ogni circostanza il suo militare ardimento, trascinando
con l'esempio i suoi uomini ad epica lotta. Catturato dai tedeschi e
sottoposto a fucilazione affrontava la morte con fierezza e dignita' di
soldato. Fulgido esempio di fedelta' alla Patria ed attaccamento al
dovere".
IL COSIDDETTO
"REFERENDUM", SVOLTOSI TRA IL 13 E 14 SETTEMBRE E CONTRABBANDATO DALLA
VULGATA STORICO-MILITARE COME UN ATTO RIVOLUZIONARIO DI UN COMANDANTE
"DEMOCRATICO", ALTRO NON FU CHE LA "CONTA" DELLE FORZE DISPOSTE A
PASSARE CON I TEDESCHI, IN OTTEMPERANZA ALLA RICHIESTA CONTENUTA NEL
LORO ULTIMATUM DELL' 11 SETTEMBRE E NELLA RISPOSTA DATA AI
CHIARIMENTI RICHIESTI DAL GEN. GANDIN:
* punto 2) : " Sono esclusi dal disarmo quei
reparti che, sulla base di un accurato controllo, daranno garanzie di
continuare a combattere agli ordini ed al fianco delle truppe tedesche
". ( ultimatum tedesco dell'11
settembre );
* " Per il punto 2: le unità o i
reparti di truppa fino alla forza di un reggimento conservano per ora
oltre alle proprie armi anche i propri ufficiali e comandanti, se
questi vogliono continuare a combattere sotto gli ordini tedeschi "
( risposta alla lettera di chiarimenti del gen.
Gandin );
* " Per il punto 6: i soldati e
le unità che sono pronte a continuare a combattere sotto il comando e a
fianco delle truppe tedesche devono essere segnalati numericamente,
divisi in ufficiali, sottufficiali e truppa, entro il 12.9.43, alle ore
17, eventualmente anticipando per telefono " (
risposta alla lettera di chiarimenti del gen. Gandin ).
Nonostante le numerose testimonianze rese dai reduci,
attestanti la conta ( il cosiddetto referendum) effettuata nella notte
tra il 13 e 14 settembre, qualche irriducibile dottor Azzeccagarbugli
si ostina ancora oggi, a 67 anni dai fatti, a negarne l'avvenuto
svolgimento. Eppure la prova è contenuta nella frase ad effetto ("...Per
ordine del Comando Supremo
italiano e per volonta' degli ufficiali e dei soldati, la
Divisione Acqui non cede le armi"), inventata ad arte dal cap. Bronzini nel tentativo di nascondere il vero
incipit della "notifica" del gen. Gandin ai tedeschi del 14 settembre:
''La
divisione si rifiuta di eseguire il mio ordine...".
A Cefalonia
il 15 settembre i Comandi non vogliono sapere di attaccare........
Alle 9,40 del 15 settembre il Comandante della Regia Marina
cap. Mario Mastrangelo, servendosi del ponte radio di Corfù, inviò il
seguente messaggio a Marina Brindisi:
"N. 1342 - Qui
situazione sempre incerta i Comandi non
vogliono sapere di attaccare".
Il Capitano di Fregata Mario Mastrangelo,
Comandante della Marina di Cefalonia, Medaglia d'Oro al V.M., che alle
11 dell'11 settembre del 1943 consegnò al gen. Gandin il radiogramma
del C. S. di Brindisi che intimava al generale di "considerare le
truppe tedesche nemiche".l
Motivazione
della Medaglia d'Oro al V.M. al cap. Mario Mastrangelo: "Comandante
di Marina a Cefalonia, all'atto dell'armistizio, eseguiva con decisione
e senza esitazione alcuna gli ordini relativi allo sgombero del
naviglio. Intuita tra i primi la possibilita' e l'utilita' di una
pronta azione contro i tedeschi, ne fu strenuo assertore presso il
Comando dell'isola. In un ambiente quanto mai eccitato per la divisione
degli animi, manteneva salda la disciplina tra i reparti di Marina a
Lui affidati e, presa l'iniziativa di reagire con le proprie batterie,
quantunque in minorate condizioni fisiche, manteneva il comando, dando
prova di attaccamento al dovere ed elevato spirito aggressivo durante
lunghi ed accaniti combattimenti. Catturato, veniva barbaramente
trucidato dal nemico che vedeva in Lui uno dei promotori di quella
disperata ed eroica resistenza. Faceva cosi' olocausto della vita alla
Patria, tenendo alto l'onore delle armi e lasciando ai posteri fulgido
esempio di alte virtu' militari". (Argostoli - Cefalonia, 8-24
settembre 1943)
Il gen. Gandin
tratto' fino a poche ore prima dell'attacco tedesco del 15 settembre:
"Trattative ancora in corso. Il
comandante (Barge, nda) e' ancora presso il gen. Gandin.
Attacco preparato in collegamento con l'ufficiale responsabile degli
Stukas..." (Radiogramma del ten. Thun, partito da Cefalonia
alle 22,00 del 14.09.1943 e diretto al XXII Corpo d'Armata del gen.
Lanz)
"Il gen. Gandin si e' dichiarato pronto a
cedere solo le armi pesanti fisse. Egli vuole passarci l'artiglieria
mobile e la contraerea solo al momento dell'imbarco. I nostri
preparativi per l'attacco sono ultimati. Il momento piu' favorevole per
l'inizio dell'attacco e' alle ore 14,00..." (Radiogramma del
ten. col. Barge, partito da Cefalonia alle 5,30 del 15.09.1943 e
diretto al XXII Corpo d'Armata del gen. Lanz)
Il cap. Angelo Longoni,
incaricato dal gen. Gandin di trattare la resa con i tedeschi la
mattina del 15 settembre
"Verso le 10 del 15 settembre nella
solita casetta in prossimità del porto può aver luogo il convegno
decisivo. Gli animi sono eccitatissimi. Il gen. Lanz accettava le
condizioni del comando italiano ma a sua volta chiedeva come garanzia
la consegna di 11 ostaggi, tra cui un generale e alcuni ufficiali
superiori. Gli italiani replicavano che se i tedeschi insistevano nella
richiesta noi pretendevamo analoga garanzia. Le trattative, già
compromesse dall'ammaraggio di grossi apparecchi da trasporto tedeschi
si arenavano. Il ten. Fauth prendeva tempo, ancora una volta per
l'estremo tentativo e si allontanava. Tutte le richieste italiane
vennero accettate...Gli italiani accettavano di ritirarsi nella zona
delimitata in attesa dell'imbarco. Ai tedeschi sarebbero andati i pezzi
di preda bellica ceduti agli italiani. La firma del gen. Lanz a
garanzia dell'accordo". (Testimonianza del cap. Angelo Longoni)
3 ore dopo
questo "accordo", intorno alle 13,30 del 15 settembre, Argostòli venne
attaccata dagli Stukas. Dopo 2 ore il gen. Gandin informo' il CS di
essere stato costretto ad aprire (sic!) le ostilità con i tedeschi:
"Prego informare autorità competente che
oggi sono stato costretto aprire at Cefalonia ostilità con tedeschi Alt
Generale Gandin". (Radiogramma inviato al Comando 7^ Armata dal
gen. Gandin il 15 settembre 1943 alle ore 15,20)
* * *
Cefalonia, indizi
su Mussolini - 1
il
ten. col. Johannes Barge, comandante del presidio tedesco di Cefalonia
fino al 16 settembre 1943.
Come mandante dell’ultimo atto della strage di
Cefalonia, la fucilazione degli italiani intorno alla Casetta Rossa il
24-25 settembre 1943, c’è un indiziato nuovo: Benito Mussolini. Ad
accusarlo è il tenente colonnello Johannes Barge, che era stato il
comandante tedesco a Cefalonia fino al 16 settembre 1943, poi
destituito dal gen. Lanz . Come risulta da un verbale
di interrogatorio della prima inchiesta aperta in Germania
sull’eccidio, risalente agli anni sessanta, Barge dichiarava il 4
novembre 1964 al procuratore di Dortmund, Obluda: “Prima che io
lasciassi l’isola di Cefalonia, ho saputo di un telegramma di
Mussolini, il quale aveva ordinato che gli ufficiali della divisione
Acqui, che egli definiva ammutinati, dovessero essere fucilati come
punizione per la loro diserzione… Io non ero più a Cefalonia quando gli
ufficiali vennero fucilati. Anche Hirschfeld [il nuovo
comandante] rimase sbalordito come me. Egli sollevò dubbi sulle
modalità d’esecuzione di un tale ordine di fucilare oltre 100 ufficiali
e sull’opportunità di gettare i corpi dei fucilati in una fossa comune
o di farli affondare in mare. Vorrei aggiungere che nell’ordine di
fucilazione di Mussolini erano stati espressamente esclusi i cappellani
militari”… Mussolini sapeva di non poter dare ordini ai tedeschi.
Ma forse proprio per la sua debolezza, voleva dimostrare a Hitler la
sua determinazione nel riprendere in mano lo Stato e l’esercito. (dal Corriere della sera 24
novembre 2007 riportiamo il documento e la riflessione conclusiva
dell’autore Paolo Paoletti)
Cefalonia, indizi
su Mussolini - 2
Nella
sentenza di archiviazione del tribunale di Dortmund è riportata questa
dichiarazione dell''ex caporale Werner Helmbold, della 4a compagnia del 910°
battaglione del
966° reggimento di stanza a Lixouri: "Già all'inizio delle ostilità
sono venuto a sapere da feriti della 4a compagnia che erano stati
portati da me in infermeria che c'era un ordine di Hitler e Mussolini
secondo cui non dovevano essere fatti prigionieri. Tutti gli uomini
della divisione "Acqui" dovevano essere fucilati".
Nel link http://www.repubblica.it/infografica/cefalonia/index.html si puo' leggere la sentenza di archiviazione del
tribunale militare di Dortmund.
Cefalonia: morto l' ultimo imputato caso chiuso senza colpevoli
A 66 anni dall'eccidio della Divisione Acqui, scompare
l'ex ufficiale nazista Otmar Muhlhauser
Nessun
colpevole. A 66 anni dall'eccidio di Cefalonia, la morte dell'ex
ufficiale nazista Otmar Muhlhauser, unico imputato nel processo in
corso davanti al tribunale militare di Roma per la strage dei soldati
italiani, chiude, senza condanne, il procedimento. Muhlhauser, infatti,
è morto nella sua abitazione in Baviera. Il prossimo 8 settembre
avrebbe compiuto 89 anni. L'ultima inchiesta sulla strage dei soldati
della Divisione Acqui fu aperta dalla procura militare di Roma che, lo
scorso gennaio, chiese il rinvio a giudizio di Muhlhauser con l'accusa
di aver ordinato la fucilazione del generale Antonio Gandin e di altri
ufficiali italiani. Il 5 maggio, alla prima udienza del processo, la
difesa di Muhlhauser sostenne che l'imputato era incapace di intendere
e di volere. Il giudice dispose una perizia psichiatrica, rinviando al
prossimo 5 novembre. Ma la morte di Muhlhauser cancella questa
scadenza. Dell'ufficiale nazista restano questa parole: "Tra gli
ufficiali tedeschi si parlava della divisione italiana solo come dei
traditori. Con l'ordine del Fuhrer era già chiaro che coloro che
appartenevano alla divisione italiana andavano trattati completamente
da traditori. Al tradimento vi era solo una risposta: l'esecuzione".
Dunque, la vicenda giudiziaria per il peggior eccidio di militari
italiani prigioneri compiuto dai tedeschi nella Seconda guerra mondiale
si conclude senza colpevoli. Se si esclude, infatti, la condanna
'simbolica' inflitta dal tribunale di Norimberga al generale Hubert
Lanz (12 anni, ma ne scontò solo tre) tutti i numerosi processi che si
sono svolti in Italia e in Germania si sono conclusi con un niente di
fatto. "Ancora una volta ha trionfato la ragion di Stato
- ha affermato Marcella De Negri, figlia di Francesco De Negri,
ufficiale fucilato a Cefalonia - Muhlhauser non ha mai avuto alcun
segno di pentimento ed ora è morto, tranquillo, nel suo letto".
* * *
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News
Targa in memoria dei Caduti di Capo Munta

In data 19 luglio
2015, il dott. Franco Paggi ha posto una targa in memoria dei
Caduti di Capo Munta ed in particolare dello zio Giuseppe Chiffi,
sottotenente del I° battaglione del 17° Rgt fanteria.
Recensioni
E il mare...laggiu' di Luciana Baldassarri
Il senso generale dell'isola di Cefalonia e' il
passaggio lento, straordinariamente lento del tempo cristallizzato
nell'azzurro mutevole del suo mare e scandito dal diapason monotono dei
grilli e delle cicale. E in questo tempo senza e fuori da ogni
categoria, nel vento che la batte instancabile, si respira un'aria
tersa e vigorosa, intrisa di mito, di civilta', di culto, di memoria.
Ma bisogna imparare anche a non fidarsi di quest'isola, dove in un
giorno sereno all'improvviso si scatena forte ed impetuoso il
maestrale, scompigliando in un attimo tutto cio' che credevi di avere
in qualche modo sistemato. Che cos'e' veramente accaduto qui
sessant'anni fa ai ragazzi dell'eroica Divisione Acqui trucidati dai
Tedeschi subito dopo l'armistizio? Perche' il giovane e coraggioso
tenente Silvio Liotti ha rinunciato per sempre alla sua bella e recente
sposa? E che ne e' stato dell'amore che lo ha accompagnato, ostinato,
caparbio e fiero come il Socrate di Anghelos, al muro della Casetta
Rossa tra lo scintillio acre del mare e la cupa eco delle mitraglie?
Perche' tanti morti innocenti? Perche'?... continuo a chiedermi. Mi
risponde solo il guizzo abbagliante di una ragnatela adagiata sul fondo
del mare, una falena nell'acerba pace dell'estate...
Ancora
un romanzo su Cefalonia, ancora la memoria che sopravvive alla guerra e
ai suoi disastri. Questo e' un romanzo-verita' che nasce dopo anni e
anni dalla strage del '43. L'autore, Luciana Baldassarri, torna
nell'isola e rivive i momenti piu' significativi della grande mattanza
(migliaia di soldati ed ufficiali della Divisione Acqui massacrati
dalle truppe tedesche dopo la proclamazione dell'armistizio). E li
rivive con la passione di oggi, ricostruendo gli avvenimenti tramite il
racconto degli abitanti greci dell'isola, che furono testimoni, o figli
di testimoni; e tramite le visite al modesto Museo della Acqui, che la
pieta' dei Cefalioti ha dedicato alla Divisione italiana. Un'
avvincente storia d' amore e di morte, in quello splendido specchio d'
acqua mediterranea in cui giace Cefalonia; una storia che continueremo
a tramandarci di generazione in generazione, fintanto che il ricordo
sopravvivera' in ciascuno di noi. (Marcello Venturi)
Plectica Euro15,00
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Luciana
Baldassarri (Salerno, 1951) insegna materie letterarie negli
istituti superiori. Ha alternato agli studi filologici la passione per
l'arte, collaborando alla presentazione di significative mostre sulla
pittura del '900 ed ha contribuito alla conoscenza e alla divulgazione
della storia della sua terra con il volume Salerno nella leggenda
(2003). Negli ultimi anni si e' impegnata su temi di ricerca storica,
riguardanti la Resistenza e la lotta di liberazione combattuta dalle
popolazioni meridionali contro la barbarie nazi-fascista.

La prof. Luciana Baldassarri alla
presentazione del romanzo "Cefalonia - E il mare...laggiu' "
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Argostoli-Cima Telegrafo: Il Monumento ai
Caduti della Divisione Acqui (fotografia di Silvio Lenza)

Balilla
all'addestramento militare del "sabato fascista". Molti di questi
ragazzi moriranno in guerra.
Mussolini a cavallo, 1937
''...Non basta il gran
pennacchio / la sciabola e il cavallo / per battere gli eserciti /
buffon di un maresciallo!...''. (Versi di Ennio Viggioni, 1942)
Roma1938: raduno di vigili urbani?
No. Sono Mussolini e Starace in attesa….Se
questi due buffoni avessero coltivato maggiormente la naturale
inclinazione alla "vigilanza urbana", avrebbero sicuramente risparmiato
agli italiani tantissime sciagure.
(*) CEFALONIA: i
numeri dell'eccidio

Vittorio Emanuele
III
Mussolini e
Badoglio
gen.
Ambrosio
gen. Roatta
"...Dei 525 ufficiali del presidio di
Cefalonia, ne furono fucilati, dal 22 al 24 settembre, circa 370; degli
11 mila uomini di truppa, circa 3 mila..." ( da "Cefalonia" - Ministero della
Difesa, Stato Maggiore Esercito, Ufficio Storico - 1947)
"...Nell’isola di
Cefalonia, l’8 settembre 1943, stanziavano 2.000 tedeschi della
Wermacht e 8.000 italiani della Divisione Acqui... ”. ( da "Il Calendesercito" 2004)
Per fornire un numero
approssimativo dei Caduti italiani a Cefalonia, quello esatto non sarà
mai possibile definirlo, bisognerebbe innanzitutto stabilire
quanti fossero realmente gli effettivi della divisione Acqui e
dei Reparti ad essa aggregati, presenti a Cefalonia dopo l'8 settembre
del 1943. L'ultimo dato ufficiale della forza della divisione è quello
dell'Archivio dell'Ufficio storico dell'Esercito ed è riferito al 15
novembre 1942. Gli effettivi della divisione Acqui, dislocati a Corfù,
Cefalonia, Itaca, Phanos, Praxos, Zante, Santa Maura (Leucade) e
Strofadi, erano 708 ufficiali e 15.759 tra sottufficiali e truppa, per
un totale di 16.467 uomini. La letteratura del dopoguerra ha
tradizionalmente fornito per Cefalonia un numero di effettivi di poco
più di 11.500 soldati di cui 525 ufficiali. Questo dato contrasta
però in maniera evidente con quello fornito nella pubblicazione
dell'Esercito del 2004: 8.000 uomini. Quest' ultimo dato, se ne
fosse accertata l' autenticità, potrebbe, una volta per tutte, fare
chiarezza sul numero (sempre approssimativo e mai esatto) dei soldati
italiani Caduti (morti in combattimento, trucidati per rappresaglia,
annegati in mare) a Cefalonia nel settembre del 1943. Dai verbali delle
esumazioni, redatti dal Cappellano militare Don Luigi Ghilardini,
sebbene molti cadaveri si erano decomposti ovvero erano stati
bruciati o gettati in mare, risultano esumati e traslati 1139
cadaveri nel 1944 , altri 687 nel 1952 e nel 1953 in 2 cisterne
di Troianata c’erano forse ancora circa 600 morti da recuperare, per un
totale di circa 2.400 soldati italiani morti. Se a questi soldati morti
in battaglia e trucidati per rappresaglia dai tedeschi si aggiungono
quelli annegati durante i trasporti da Cefalonia a Patrasso, sarebbe
verosimile il numero di circa 4.000. Dalle carte della marina tedesca
risultano imbarcati circa 6.350 italiani prigionieri di cui circa 2.550
provenienti da Zante e circa 3800 del presidio di Cefalonia. A
Cefalonia restarono sull'isola fino al 1944 circa 1.300 prigionieri del
presidio italiano. Pertanto, i prigionieri fatti a Cefalonia dai
tedeschi sarebbero circa 5000. Questo dato è confermato dai documenti
tedeschi, anche se il numero dei prigionieri, secondo altri documenti
tedeschi, potrebbero essere di circa 4.000. In definitiva i
circa 4.000 Caduti sommati ai 4.000/5000 prigionieri ridurrebbero
ad 8.000 (al massimo 9.000) gli effettivi della divisione Acqui
presenti a Cefalonia dopo l'8 settembre 1943. Nella "Relazione sui
fatti di Cefalonia" che il console fascista Vittorio Seganti
scrisse ed invio' il 10 gennaio 1944 - a poco
piu' di tre mesi dai fatti - al Segretario Generale del
Ministero degli Esteri di Salo', Serafino Mazzolini si legge :"...Fu
cosi' che interi reparti vennero mitragliati e venne anche ordinata la
fucilazione di tutto il comando della divisione. Solo una quarantina di
Ufficiali, su oltre 500, sono scampati all'eccidio, qualche altro,
forse, vive tuttora alla macchia o confuso fra i soldati nei campi di
concentramento. Ad aggravare tale dolorosa situazione, vi sono stati
parecchi battelli che sono saltati in aria sulle mine durante il
trasporto dei prigionieri in terra ferma, tanto che si possono valutare
a circa 6.000 i morti italiani in Cefalonia...".

Reparti della Divisione
Acqui entrano a Corfu'
Ufficiali
della Divisione Acqui a Zante
Ho
citato il console fascista Seganti, testimone
oculare della tragica vicenda della Divisione "Acqui" a
Cefalonia, perche' per le sue
convinzioni filonaziste avrebbe potuto negare l'entita' degli
eccidi perpetrati dalla Wehrmach o, quanto meno, minimizzarne la
portata. Ancora oggi diversi epigoni nazi-fascisti negano l'esistenza
dei campi di sterminio ed il conseguente genocidio di oltre 6 milioni
di ebrei. Inoltre, le fonti tedesche riportano in riferimento al numero
dei militari italiani della Divisione "Acqui" caduti
prigionieri (sempre a Cefalonia), dopo la fine della battaglia
(22 settembre), la cifra di 5.030 uomini, rinchiusi nella
caserma Mussolini. Questa cifra è confermata dal
cap. Angelo Longoni, del 33° Rgt. Art., che nella sua "Relazione sui
fatti di Cefalonia", scrive:
"...La crudezza delle cifre ci apparve nella
sua realtà ed in tutto il suo orrore quando nel campo di concentramento
di Argostòli ci contarono: poco più di 5000 su un totale di circa
12.000 uomini che presidiavano l'isola: Circa un migliaio era caduto in
combattimento...".

Fanti italiani all'attacco durante la battaglia di Cefalonia
Lo storico militare tedesco Gerhard Schreiber, citando il Diario
di guerra dell'OKW, scrive: "...contiene, circa il massacro
avvenuto sull'isola, le notizie che seguono...:"A Cefalonia il
comandante italiano e 4.000 uomini furono trattati [...] in modo
conforme all'ordine del Fuhrer poiche' avevano opposto resistenza".
Nel Diario di guerra del Comando supremo del gruppo di armate E,
citato sempre da Schreiber,
nelle annotazioni del 23 e del 24 settembre 1943, il numero
dei prigionieri italiani sarebbe appena di 4.000 unita': "...A
parte 4.000 uomini, che cedettero le armi a tempo debito, la massa
della divisione ribelle fu distrutta in combattimento, assieme al suo
stato maggiore...". Nella puntata
del 25 marzo 2001 di History, programma di storia della Zdf, che la
seconda rete pubblica tedesca ha dedicato al massacro di Cefalonia,
sono stati presentati ampi stralci dei diari degli "alpini" Waldemar
Taudtmann e Alfred Richter. "...Non si faranno prigionieri, tutto cio'
che appare davanti agli occhi verra' abbattuto...", annota
Taudtmann sul suo quaderno, la mattina del 20 settembre. "...Fucilati,
abbattuti, calpestati con gli scarponi da montagna, gli uomini
dell'artiglieria costiera giacciono ancora ai loro posti...",
annota Richter il 21 settembre, nel vedere i corpi senza vita dei
soldati di una postazione italiana. Una giornata tragica, la prima
dell'autunno 1943. Al mattino, il 98^ reggimento del III battaglione
degli alpini tedeschi riceve l'ordine di attaccare la citta' di
Dilinata e neutralizzare le due compagnie italiane che la controllano.

gen. Lanz
magg. Hirschfeld
magg. Klebe
Ecco il
racconto di Richter: "...Vengono sparati soltanto pochi colpi,
poi gli italiani agitano i fazzoletti bianchi e cominciano a venir
fuori a gruppi, correndo. Ma quando noi raggiungiamo l'altura, li
troviamo tutti per terra, morti, sono tutti stati colpiti alla testa.
Quelli del 98^ li hanno dunque uccisi dopo che si erano arresi...". Ma
l'esperienza peggiore e' quella del pomeriggio, quando il battaglione
di Richter accetta la resa di altre due compagnie dell'Acqui: "...Non
vogliono combattere contro di noi e pensano di aver salvato la vita
arrendendosi. Torniamo a Frankata e consegniamo i prigionieri. Ma qui
li attende una sentenza terribile. Li portano vicino al ponte, nei
campi recintati da muri fuori dalla citta', e li fucilano. Rimaniamo
due ore sul posto e per tutto il tempo sentiamo i colpi senza
interruzione..., le grida arrivano fin nelle case dei greci. Anche
medici e preti partecipano alle esecuzioni... Un gruppo di soldati
bavaresi prova a rifiutarsi, ma un ufficiale li minaccia di mettere
anche loro al muro...". Nella sentenza
di archiviazione del marzo 2007 del procuratore di Dortmund Maaß sono
ricostrui i fatti, come sono emersi dalle ricerche di archivio, dalla
documentazione italiana acquisita, dalle rogatorie e dalle deposizioni
di centinaia di nuovi testimoni tedeschi, italiani e greci. Le
dimensioni del massacro sembrano confermate rispetto all'elevato numero
di vittime, fatto nei rapporti tedeschi dell'epoca (circa 4.000). Forse
bastano otto stragi come Troianata, (questo il commento del procuratore
tedesco: "E' fuori di dubbio che in quest'area vennero
eseguite fucilazioni di massa di grosse dimensioni "),
Frankata, Kardakata, Prokopata, Kutzuli, Stephata, Valsamata e Capo
S.Teodoro a raggiungere quella cifra.

Il caporale Adino
Mariotti, fucilato a Troianata il 22 settembre 1943 e la comunicazione
informale alla famiglia del cappellano militare don Ghilardini. (Da
Facebook - Amici della
"Divisione Acqui" in memoria del Caporale Adino Mariotti - di Valerio
Mariotti).
Il caporalmaggiore Emil Schmid ha dichiarato: "Poco dopo la fine dei
combattimenti i 100-200 prigionieri italiani presi dall'11^ compagnia
furono fucilati con mitragliatrici su ordine del capitano
Göller
da un plotone di esecuzione della 11^ compagnia".
Il maresciallo capo Johann Weinsteiger ha dichiarato: "Questa
esecuzione fu fatta presumibilmente da appartenenti alla 11^
compagnia...il comandante era anche sul posto...si trattava del
capitano
Göller
....ricordo che costui, come io stesso ho sentito, rimproverava
aspramente alcuni mitraglieri della sua compagnia che evidentemente non
potevano o non volevano più eseguire alcuna fucilazione e tra l'altro
diceva che erano troppo deboli ".
l'ex
ten. Sigwart Göller, uno dei "macellai" della Wehrmacht a
Cefalonia
Al "macellaio" Göller il 17.11.1943 pervenne
questa " lettera di elogio" di Hitler: "Esprimo
al tenente Sigwart Göller
il
mio particolare riconoscimento per le sue eccezionali prestazioni sul
campo di battaglia di Dilinata il 21/09/1943 ". Spiros Garbis,
un testimone oculare greco, ha indicato al procuratore Maaß almeno nove
posti intorno al villaggio di Frankata dove furono fucilati soldati
italiani. Il procuratore tedesco elenca molte località di massacri mai
indicate finora: 62 soldati a Divarata, un numero imprecisato a
Pontikos. Scrive il procuratore: "Una settantina di
prigionieri, la maggior parte dei quali portava al braccio la fascia
con la croce rossa, venne allineata lungo la facciata della scuola
elementare di Dilinata e falciata con due mitragliatrici".
Finora si sapeva solo che 67 uomini della 44° sezione di sanità
militare erano stati fucilati presso Frankata. Colpisce in particolare
il massacro di circa 200 soldati nella cava di pietra di Stephata, di
cui nessuno aveva mai parlato prima. Il soldato Ernst Köhler vide che "circa
200-250 soldati furono portati contro una parete di roccia e mitragliati".
Finora le località dei massacri erano tredici, ora si scopre che il
filo di sangue lasciato è in realtà una ragnatela rossa che copre tutta
la parte centro settentrionale dell'isola. Viene
confermato quanto aveva scritto il prof. Paoletti nel libro "Cefalonia
1943: una verità inimmaginabile", ovvero che il "19
settembre per ordine di un alto ufficiale italiano vennero fucilati una
ventina di soldati italiani, che avevano ripreso le armi dopo che le
avevano deposte". Il
procuratore di Dortmund Maaß precisando che: “Nello
sforzo di comprendere i fatti nella loro interezza, è possibile che si
sia giunti a diverse descrizioni di una stessa esecuzione", sottolinea
che: "Le informazioni che le esumazioni ci
hanno fornito, che vanno a completare le testimonianze presenti
nell’ordinanza di archiviazione del 17.09.1968 circa il numero degli
italiani che hanno trovato la morte, ci mostrano che fino ad oggi non è
possibile determinare neanche approssimativamente l’esatto numero dei
morti”.
Novita'
librarie
La "Casetta Rossa" in una foto
dell'epoca
Cefalonia “Sangue Intorno alla casetta Rossa”
La fucilazione degli
Ufficiali della Divisione Acqui 24-25 settembre 1943
di Paolo
Paoletti
La “Casetta Rossa”, un villino
tinteggiato di rosso colpito dalle bombe tedesche, nei pressi di Capo
S. Teodoro, all’estremità sud del golfo di Argostoli, nella parte
occidentale dell’isola di Cefalonia, fu il punto di raccolta degli
ufficiali della Divisione Acqui destinati alla fucilazione. Lì, oltre
un centinaio di ufficiali, prigionieri di guerra, trascorsero le loro
ultime ore di vita, in attesa del loro turno davanti al plotone
d’esecuzione. Gruppi di otto alpini tedeschi si alternarono, per una
intera mattinata, davanti a tre fosse naturali per assolvere al loro
macabro rituale di morte. Questa casa in riva al mare, circondata da un
giardino recintato, si può e si deve considerare uno dei simboli
dell’eccidio di Cefalonia e quindi di uno dei più iniqui massacri di
prigionieri di guerra dell’intera seconda guerra mondiale. La ‘Casetta
Rossa’ è subito assurta a luogo rappresentativo della strage dei
soldati italiani della divisione Acqui a Cefalonia. Il
sacrificio degli ufficiali italiani divenne subito noto, forse grazie
alla missione inglese presente sull’isola o forse alla Croce Rossa
Internazionale, che sembra aver fatto un’ispezione sull’isola nelle
settimane successive al massacro. Già nel dicembre 1944 la
Psychological Warfare Branch, una branca dei servizi segreti
angloamericani addetti alla propaganda, scriveva nel suo bollettino: “Il comportamento degli ufficiali italiani alla
triste ‘Casetta rossa’ di Cefalonia non appartiene alla storia ma al
mito. Ad uno ad uno, nobilissimi cavalieri del dovere e dell’onore,
essi salirono con sublime serenità il calvario che ancora li separava
dalla gloria”. Edizioni
Agemina € 17,00
S. Ten. Emilio
Micheli, addetto all' Ufficio Tiro del Comando Artiglieria.
Nato
a Milano il 12.06.1916, laureato in Ingegneria, iscritto ad un secondo
corso di laurea in Matematica, si era sposato nel 1942 durante il
conflitto. Fu fucilato alla “Casetta Rossa” il 24.09.1943 ( La
fotografia è stata gentilmente concessa dal nipote Emilio Micheli )
La
sanguinaria stella alpina
La 1a
divisione da montagna nella seconda guerra mondiale

di Hermann Frank Meyer ( è in
preparazione l’edizione italiana di questo libro)
Portato sul berretto e sulla manica, l’Edelweiss (Stella
alpina) era il distintivo della prima divisione cacciatori della
Wehrmacht, un reparto d’elite che 11 anni dopo la fine della guerra è
stato ricostituito all’interno del nuovo esercito tedesco (Bundeswehr)
con la stessa denominazione e da ex alti quadri della Wehrmacht. Al suo
interno come pure nell’ambito del «Kameradenkreis der Gebirgstruppe
[«Circolo dei commilitoni delle truppe di montagna»] fondato nel
dopoguerra, l’Edelweiss è considerato ancora oggi il simbolo del
«miglior spirito militare tedesco in pace e in guerra». Naturalmente,
quanti coltivano una simile tradizione passano sotto silenzio i crimini
di guerra commessi nel corso della seconda guerra mondiale. Come questi
crimini siano potuti accadere, chi impartì gli ordini criminali, chi li
eseguì, la disumanità con cui si agì e il modo scandaloso in cui tutti,
ma proprio tutti, i procedimenti aperti nel dopoguerra vennero
archiviati consentendo in tal modo ai responsabili di non essere
chiamati a rispondere dei loro crimini, sono queste le fondamentali
questioni che l’autore affronta e alle quali cerca di dare una risposta. Oltre
che sulle istruttorie aperte in Grecia, Italia e Germania e sugli atti
del processo contro i «generali del settore sudest» tenutosi davanti ad
un tribunale di guerra americano a Norimberga, l’autore si è basato sui
più importanti documenti della Wehrmacht, ha «passato al setaccio»
l’intera memorialistica di guerra degli ex cacciatori da montagna, dal
contenuto spesso agiografico, nonché i loro diari privati, ed ha
altresì analizzato le pubblicazioni di storia militare che storici e
specialisti tedeschi, greci, italiani e inglesi hanno dedicato nel
dopoguerra alla prima divisione da montagna. Le ricerche sono state
effettuate in dieci Paesi e in più di due dozzine di archivi. Per
ascoltare testimoni oculari e svolgere ricerche sul posto, l’autore,
non di rado in circostanze avventurose e spesso come primo tedesco dopo
la fine della guerra, si è recato in più di 200 località greche ed
albanesi: località dove il ricordo delle atrocità commesse dagli
occupanti tedeschi è ancora ben vivo nonostante siano ormai trascorsi
più di sei decenni dall’epoca dei fatti. Il gen.
Lanz tenne il comando solo per poche settimane. Nel luglio del 1943
venne incaricato di costituire in Grecia il XXII corpo d’armata da
montagna, al quale vennero gerarchicamente sottoposte la prima
divisione da montagna e la 104a divisione cacciatori («Il nuovo XXII
corpo d’armata da montagna»). Fu in questa veste che dopo l’8 settembre
del 1943 Lanz venne incaricato di procedere al disarmo delle truppe
italiane nella Grecia occidentale e nell’Albania meridionale. Il
massacro dei soldati e degli ufficiali italiani fatti prigionieri che
ebbe luogo nelle isole di Cefalonia e Corfù costituisce uno dei temi
centrali del libro. A Cefalonia secondo il calcolo dello
studioso tedesco sarebbero morti in totale circa 4.000 Italiani; 2.500
sull’Isola, nelle esecuzioni, ma anche in azioni di combattimento o nei
massicci bombardamenti della Luftwaffe. Altri 1.500 prigionieri
sarebbero morti durante il trasporto dall’Isola, perché le navi
finirono sulle mine ed affondarono.
Hermann Frank
Meyer, autore di ricerche storico-militari sull'occupazione
tedesca della Grecia, nel 1989 ha pubblicato "Disperso in Grecia", una
ricerca incentrata, tra l'altro, sulla sorte di suo padre che, caduto
prigioniero insieme a 49 soldati e civili tedeschi e italiani, fu
fucilato nell'aprlile 1943 da partigiani greci. Del 1999 "Kommeno", la
ricostruzione di un eccidio perpetrato ai danni di 317 civili inermi
nell'omonimo paese dell'Epiro. Del 2002 il suo volume "Da Vienna a
Kalavryta. La traccia insanguinata della 117a Divisione cacciatori
attraverso la Serbia e la Grecia".
SIAMO A CORTO DI CORDA SPINOSA.....

gen. Antonio
Gandin
Il gen. Gandin, non ancora
comandante della Divisione ACQUI, nel marzo del '43 si preoccupava di
reperire corda spinosa per i prigionieri di guerra e gli internati
civili (donne, vecchi e bambini) "ospiti" nei campi di concentramento
dell'Italia fascista, secondo le direttive impartite da Mussolini: "...La
costituzione di numerosi campi e distaccamenti di lavoro per pg.
(prigionieri di guerra, nda) risponde a precise direttive
impartite dal Duce. Il fabbisogno minimo di corda spinosa per le
esigenze di sicurezza dei campi di cui e' cenno sopra e di quelli di
concentramento per pg. e ic. (internati civili, nda) e'
stato calcolato in misura inferiore alle effettive necessita'. Il
quantitativo assegnato corrisponde a meno della meta' di quello
richiesto e in mancanza dell'assegnazione richiesta si dovrebbe
contenere in proporzioni relativamente modeste l'attuazione del piano
unitario d'impiego dei prigionieri di cui trattasi...'' (Alessandra
Kersevan, Un campo di concentramento fascista - Gonars 1942-1943 /
AUSSME, U.P.G. Diari marzo 1943, All. n. 63 - Comunicazione del
gen. Gandin all'Ufficio Prigionieri di Guerra del 17 marzo 1943 )
MEDAGLIA D'ORO AL MERITO DELLA
RESISTENZA !!!

Il Capitano Cappellano Capo Romualdo Formato,
insignito della Medaglia d'Oro al Merito della Resistenza
"....
Ancor piu' grottesco e offensivo per i partigiani
combattenti e' che il frate che aveva accettato il soldo nazista abbia
ricevuto anche una Medaglia d'Oro commemorativa della Resistenza
Italiana. Cos'aveva a che spartire questo sacerdote con la Resistenza
che non fece almeno fino al 31 dicembre 1944? Crediamo che don Formato
sia uno dei pochi volontari della RSI che sia riuscito a ricevere la
medaglia d'Oro al Merito della Resistenza dalla parte politica opposta..."
(P. Paoletti - Il Capitano Renzo Apollonio, l'eroe di Cefalonia)
***
I RAGAZZI DI CEFALONIA E CORFU' CHE SONO TORNATI
FAUSTO
BERETTA
Fausto Beretta,
1940 Fausto Beretta,
1955
Fausto Beretta, Roccafranca (BS) 21.06.1920 - Ghedi (BS)
28.09.2009. Partito il 16 marzo del '40 per la campagna di Grecia, è
stato uno dei protagonisti della Resistenza della Divisione Acqui a
Cefalonia con il 17° Reggimento Fanteria. (Le fotografie sono state
gentilmente fornite dalla dott.ssa Sabrina Penocchio, nipote del
Reduce).
ANACLETO
CONTE

Anacleto
Conte, partito
nel 1940 per la campagna di Grecia con il 33° Reggimento Artiglieria, è
stato uno dei protagonisti della Resistenza della Divisione Acqui a
Cefalonia. L’artigliere Conte riuscì a salvarsi grazie all’aiuto
di un prete ortodosso che lo nascose in una tomba per 3 giorni. (Le
fotografie sono state gentilmente fornite dalla signora Silvana
Mincuzzi, nipote del Reduce).
* * *
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MOSTRE
I Ragazzi del 43 - Il ricordo dei
Militari della Divisione "ACQUI" di Salerno e Provincia Caduti a
Cefalonia e Corfù nel settembre del 1943

Immagini della
Mostra per onorare il ricordo dei Militari della Divisione "ACQUI" di
Salerno e Provincia Caduti o Dispersi a Cefalonia e Corfù, a cura
di Luciana Baldassarri, Graziano Palamara, Silvio Lenza e Mario Ranieri
, tenutasi a Salerno dal 30 Settmbre al 5 Ottobre 2008 nella chiesa
dell'Addolorata - Complesso monumentale di S. Sofia
La prof.ssa Luciana
Baldassarri, curatrice della Mostra, a colloquio con due familiari di
Caduti (fotografia di Silvio Lenza)
* * *
25 Aprile 2015
Festa Nazionale della Libertà e della Democrazia
70°
Anniversario della Liberazione

L'organo
della Democrazia Cristiana annuncia l'avvenuta Liberazione
IL FASCISMO NON E' UN'OPINIONE MA UN
REATO.........

Sandro Pertini parla a
Milano dopo la Liberazione
Il 30 novembre 1929
Pertini fu condannato dal Tribunale Speciale. Durante la pronuncia
della sentenza si alzò gridando: «Abbasso il fascismo! Viva il
socialismo!» . Pertini, non riconoscendo
l'autorità fascista e quindi il tribunale che lo aveva condannato, si
dissociò pubblicamente dalla domanda di grazia presentata dalla madre
con parole molto dure, sia per la madre che per il presidente del
Tribunale Speciale:
« Perché mamma, perché? Qui nella mia cella di nascosto, ho pianto
lacrime di amarezza e di vergogna - quale smarrimento ti ha sorpresa,
perché tu abbia potuto compiere un simile atto di debolezza? E mi sento
umiliato al pensiero che tu, sia pure per un solo istante, abbia potuto
supporre che io potessi abiurare la mia fede politica pur di
riacquistare la libertà. Tu che mi hai sempre compreso che tanto andavi
orgogliosa di me, hai potuto pensare questo? Ma, dunque, ti sei
improvvisamente così allontanata da me, da non intendere più l'amore,
che io sento per la mia idea?» (Lettera di
Sandro Pertini alla madre, 1933)
* * *
"Io mi domando, onorevoli colleghi, come i nostri
posteri, tra cento anni, giudicheranno questa nostra Assemblea
Costituente. Se la sentiranno alta e solenne come noi oggi sentiamo
alta e solenne. Credo che i nostri posteri sentiranno più di noi, tra
un secolo, che da questa nostra Costituente è nata veramente una nuova
storia e si immagineranno che in questa nostra Assemblea, mentre si
discuteva della nostra Costituzione repubblicana, seduti su questi
scranni non siamo stati noi, uomini effimeri i cui nomi saranno
cancellati e dimenticati, ma sia stato tutto un popolo di morti, di
quei morti che noi conosciamo ad uno ad uno, caduti nelle nostre file,
nelle prigioni e sui patiboli, sui monti e nelle pianure, nelle steppe
russe e nelle sabbie africane, nei mari e nei deserti, da Matteotti a
Rosselli, da Amendola a Gramsci fino ai giovinetti partigiani. Essi
sono morti senza retorica, senza grandi frasi, con semplicità, come se
si trattasse di un lavoro quotidiano da compiere, il grande lavoro che
occorreva per restituire all’Italia libertà e dignità. Di questo lavoro
si sono riservata la parte più dura e più difficile, quella di morire,
di testimoniare con la resistenza e la morte la fede nella giustizia. A
noi è rimasto un compito cento volte più agevole, quello di tradurre in
leggi chiare, stabili e oneste il loro sogno di una società più giusta
e più umana, di una solidarietà di tutti gli uomini alleati a debellare
il dolore. Assai poco, in verità, chiedono i nostri morti, non dobbiamo
tradirli. Ora e sempre Resistenza!"
(Trascrizione dell’intervento di Piero Calamandrei alla
seduta dell’Assemblea Costituente del 7.3.1947)
* * *
"...La maturità delle motivazioni ideali e politiche
che caratterizzarono la Resistenza in Italia sarebbero venute più
tardi, ma a Cefalonia si manifestò un impulso nobilissimo e destinato a
dare i suoi frutti. Si può ben cogliere un forte legame ideale fra
quell'impulso e la successiva maturazione dello spirito della
Resistenza. Molto si continua a scrivere e a discutere sul clima che si
creò in seno alla Divisione Acqui in quei terribili giorni. Ma non c'è
polemica storiografica o pubblicistica che possa oscurare l'eroismo e
il martirio delle migliaia di militari italiani che scelsero di
battersi, caddero in combattimento, furono barbaramente trucidati.
Anche qui si creò la premessa essenziale per la costruzione di una
nuova Italia democratica..." (Giorgio
Napolitano, Cefalonia 25 Aprile 2007)
* * *
"...E gli onori dorati vergognosamente dati a chi non li
merita..."
(W.Shakespeare)
* * *
"...Dove sono i
generali che si fregiarono nelle battaglie con cimiteri di croci sul
petto..." (Fabrizio De Andrè)
* * *

decorazione
tedesca: croce di ferro di I classe
Gen. Antonio Gandin
EROE O RESPONSABILE
DELL'ECCIDIO?
Il Generale di Divisione Antonio GANDIN, Comandante della
Divisione Acqui, Medaglia d'Oro al V. M., fucilato dalla
Wehrmacht a Cefalonia il 24.9.1943. Antonio Gandin,
nato a Sora (FR) nel 1891 da una famiglia veronese, era uscito nel 1910
dalla Scuola di Modena come sottotenente di fanteria in servizio
permanente. Aveva combattuto in Libia e nella prima guerra mondiale,
con una medaglia d'argento; nel 1917, promosso maggiore, era passato a
compiti di Stato maggiore. Dopo la guerra aveva alternato il comando di
reparti di fanteria al servizio di Stato maggiore e all'insegnamento
presso la Scuola di guerra. Colonnello nel 1935, nel 1938 aveva assunto
la direzione della piccola segreteria di Badoglio. Nel dicembre 1940
era diventato capo del reparto operazioni del Comando supremo: un
incarico di alta fiducia che ne faceva il diretto collaboratore del
Capo di Stato maggiore generale Cavallero; si era occupato di
pianificazione operativa e aveva svolto una lunga serie di delicate
missioni di collegamento e ispezione sia presso gli alti comandi
tedeschi, sia sui diversi fronti di guerra. Generale di divisione nel
1943, tra le altre decorazioni si fregiava della croce di ferro tedesca
di I classe. Dal mese di giugno del 1943 aveva assunto il Comando della
Divisione Acqui.
* * *
ETERNA GLORIA
ALLA DIVISIONE ACQUI FEDELISSIMA ALLA PATRIA TRUCIDATA
DALLA WEHRMACHT A CEFALONIA E CORFU' NEL SETTEMBRE
1943

Il Generale di Brigata GHERZI, Comandante della Fanteria
Divisionale, Medaglia d'Oro al V.M., e il Colonnello ROMAGNOLI,
Comandante dell'Artiglieria, Medaglia d'Oro al V.M., trucidati dalla
Wermacht a Cefalonia

IL Colonnello LUIGI LUSIGNANI, Comandante del
Presidio di Corfu', Medaglia d'Oro al V.M., trucidato dalla
Wehrmacht a Corfu'.

Il Colonnello ELIO BETTINI, Comandante del 49^
Rgt. Parma, Medaglia d'Oro al V.M., trucidato dalla Wehrmacht a Corfu'.

I Ten. Col. FIORETTI, Capo di S.M., MAVM, e MALTESE,
Comandante del III Btg./17^ Rgt., trucidati dalla Wehrmacht a Cefalonia.

I Maggiori PICA, Comandante del 7^ e 188^ Gruppo
Art. di C.d'A., Medaglia d'Oro al V.M., e ALTAVILLA, Comandante del II
Btg./17^ Rgt., Medaglia d'Argento al V.M., trucidati dalla Wehrmacht a
Cefalonia.

I Capitani MASTRANGELO, Comandante del Presidio della Marina,
Medaglia d'Oro al V.M., e GASCO, Comandante del Presidio dei
RR.CC., Medaglia d'Argento al V.M.,trucidati dalla Whermacht a
Cefalonia

I Capitani SAETTONE, Stato Maggiore della Divisione, e
POZZI, Commissario della Marina, trucidati dalla Wermacht a Cefalonia

I Tenenti AMBROSINI, Comandante della V Batteria del Rgt.
Artiglieria, Medaglia d'Oro al V.M., e PETRUCCELLI, Comandante di
plotone della 2a comp. del VII Btg. CC, Medaglia d'Oro al V.M.,
trucidati dalla Wehrmacht a Cefalonia
Il Tenente SOLITO, Commissario della Marina, Medaglia
d'Argento al V.M., trucidato dalla Wehrmacht a Cefalonia e
il Capitano CIAIOLO , comandante della V Compagnia del 317^
Rgt./Ftr., Medaglia d'Argento al V.M., Caduto in combattimento a
Cefalonia

27 gennaio 2015
Il giorno della memoria
Il 27 gennaio del 1945
l'Armata Rossa libero' il campo di sterminio di Auschwitz in Polonia.
In questa data simbolica viene celebrata la giornata della memoria per
non dimenticare l'orrore dell'Olocausto.

La Risiera di San Sabba,
divenuta tristemente famosa per essere l'unico campo di sterminio sul
territorio italiano. Secondo
calcoli effettuati sulla scorta delle testimonianze, il numero delle
vittime cremate nella Risiera e' oscillante tra le tre e le cinquemila
persone. Lo sterminio sistematico degli ebrei, deciso e concretizzato
dal Terzo Reich, venne attuato con la collaborazione parziale o totale
dei governi o dei movimenti politici di altri Stati; venne interrotto
dalla vittoria militare dell'Alleanza degli Stati antifascisti e dei
movimenti di Resistenza. Se invece i vincitori fossero stati la
Germania nazista, l'Italia fascista, la Francia di Vichy, la Croazia
degli ustascia ecc., non un solo ebreo sarebbe rimasto in vita nei
territori controllati da questi regimi.
10
febbraio 2015: Giornata della memoria

Il
recupero di una salma da una foiba
Quante
furono le vittime delle foibe? Nessuno lo sapra' mai! Di certo non lo
sanno neanche gli esecutori delle stragi. Questi non hanno parlato e
non parlano. D'altra parte e' pensabile che in quel clima di furore
omicida e di caos ben poco ci si curasse di tenere contabilita' delle
esecuzioni. Sulla base di vari elementi (escludendo Basovizza ) si
calcola che gli infoibati furono alcune migliaia. Piu' precisamente,
secondo lo studioso triestino Raoul Pupo: "il numero degli
infoibati puo' essere calcolato tra i 4 mila e i 5 mila, prendendo come
attendibili i libri del sindaco Gianni Bartoli e i dati degli
anglo-americani".
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